Introduzione

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), definisce la salute come uno stato di piena vitalità, di pieno sviluppo delle proprie potenzialità. La definizione, a mio parere, supera la concezione della salute intesa come semplice assenza di sintomatologia evidente e di condizione particolare che nasce nell’individuo e la lega invece ad una condizione di equilibrio dinamico e positivo del sistema individuo/ società. Che cosa è infatti la piena vitalità e il pieno sviluppo delle proprie potenzialità?

Un operaio alla catena di montaggio, anche se non presenta sintomi di malattia evidente, è definibile in salute? Durante le sue otto ore di lavoro ripetitivo esprime le sue potenzialità?

Lo studente costretto nel banco di scuola ad ascoltare e a ripetere a memoria le stesse identiche parole della professoressa o del professore di turno per poter ottenere un buon voto; lo studente che è impedito nell’esercizio del movimento fisico, del pensiero critico e della ricerca autonoma, coltiva la sua vitalità? Esprime le sue potenzialità?

L’impiegato statale inserito in una gerarchia di competenze a cui corrispondono determinati livelli e retribuzioni, costretto ad eseguire meccanicamente sempre le stesse operazioni, impossibilitato a progettare diversamente o magari creativamente il suo lavoro, gode di buona salute?

E così potremmo continuare con altre categorie di lavoratori subordinati o inseriti in sistemi governati da regole e gerarchie rigide. La domanda può essere così riformulata: in assenza di contesti di libertà individuale è possibile parlare di buona salute secondo la definizione dell’OMS?

Salute e malattia

Ovviamente la stessa domanda possiamo farcela per un individuo che, pur possedendo tutti gli strumenti di emancipazione e vivendo all’interno di una società liberale e democratica, vive all’interno di un contesto mentale ripetitivo, limitante nella sua meccanicità e mancanza di libertà interna di scelta.

Può un individuo ricco, colto, con un buon lavoro creativo (ad esempio un artista, un architetto, un chirurgo, ecc.), considerarsi in buona salute pur essendo ossessionato dalla gelosia o dal ricordo del rifiuto d’amore della propria madre?

In realtà, credo che possiamo parlare di salute, secondo la definizione dell’OMS, quando regnano alcune qualità umane come la capacità e la libertà di scelta, l’intenzionalità, la creatività e la presenza. Possiamo parlare di malattia, quando invece regnano automatismi, impotenza, mancanza di creatività e alienazione (intesa come ignoranza, separazione da se stessi, mancanza di presenza reintegrante).

Posta in questo modo la questione, il centro dell’osservazione non è più il sintomo disturbante e la definizione di salute non riguarda più un individuo astratto, ma l’individuo realmente esistente, comprensivo di capacità di azione e reazione psicofisica, in interazione dinamica con l’ambiente nel quale specificamente vive.

Dagli studi effettuati da una relativamente recente nuova scienza dal nome complesso, neuropsicoendocrinologia, che unisce le ricerche sul cervello con quelle che riguardano il sistema immunitario e l’atteggiamento psicologico della persona, noi oggi sappiamo che proprio il sentimento di alienazione personale spinto all’estremo, il senso di solitudine esistenziale individuale e di inutilità che derivano dalla mancanza di realizzazione di se stessi, sono causa, sui lunghi tempi, di malattia.

Quando un essere umano è posto in condizioni tali e si percepisce anche come impotente, che non può cioè esercitare le proprie potenzialità, la propria capacità di scelta o di partecipazione, allora, assecondando la propria natura, o reagisce aggressivamente o si rifugia in se stesso. In tutti i casi, diventa altro rispetto al contesto di vita. In queste condizioni, sviluppa una malattia che in generale, dal punto di vista materiale ed anche simbolico, rappresenta una manifestazione del conflitto vissuto ed anche una possibilità di risoluzione della crisi.

Facciamo qualche esempio.

  • Ulcera peptica

patologia che colpisce prevalentemente soggetti ambiziosi, perfezionisti, con elevato senso di responsabilità e competitivi. I fattori stressanti provengono soprattutto dall’ambiente di lavoro e da quello familiare. Sarebbe infatti la frustrazione, del bisogno di affetto (in famiglia) e del bisogno di emergere (in campo lavorativo), a provocare la conversione somatica. Nella prima infanzia la relazione madre/ figlio è stata caratterizzata da dipendenza e repressione dell’aggressività.

Tra i fattori stressanti, le ricerche citano:

  • lutto o perdita
  • difficoltà ad assumersi responsabilità
  • timore di deludere una figura chiave.

Si tratterebbe di soggetti in cui la depressione tenderebbe a manifestarsi soprattutto a livello somatico.

  • Infarto del miocardio

gli studi retrospettivi, che analizzano la personalità di soggetti colpiti da infarto del miocardio sopravvissuti ad esso, hanno consentito di individuare alcuni tratti di personalità di pazienti:

  • esigenza compulsiva di leadership
  • tendenza al controllo dei propri vissuti emozionali, in particolare dell’aggressività
  • ansia, depressione, scarsa fiducia che il mondo possa supplire al senso di solitudine fortemente sentito da questi soggetti
  • bisogno di contatto e riconoscimento sociale.

Altre ricerche hanno evidenziato un profilo tipo del soggetto che potrebbe incorrere in problemi cardiaci. Si tratterebbe di soggetti con tratti di:

  • competitività
  • lotta per il successo
  • massimo coinvolgimento per il lavoro
  • che vivono una situazione di tensione muscolare marcata.

Per quanto concerne gli eventi stressanti di tipo ambientale, appare rilevante la capacità di reazione individuale attraverso il controllo emozionale della situazione stressante oppure attraverso la propria capacità di cambiamento.

  • Ipertensione essenziale

disturbo cardiovascolare per cui la pressione sanguigna risulta cronicamente elevata. Si tratta di un disturbo che nelle sue forme più gravi può causare distruzione dei reni ed emorragie cerebrali. Proprio i reni e le ghiandole surrenali hanno una parte nei meccanismi dell’ipertensione essenziale, in quanto liberano in condizioni di stress una sostanza che fa rialzare la pressione.

Una teoria dell’ipertensione sostiene che le emozioni di rabbia non espresse sarebbero alla base della patologia. Al contrario, nella situazioni in cui è possibile ai soggetti esprimere liberamente la propria rabbia, la pressione ritorna velocemente ai valori normali.

  • Asma bronchiale

il profilo di personalità del paziente asmatico, per la maggior parte degli studi effettuati in campo clinico, è di persone che non hanno mai risolto completamente i conflitti di dipendenza infantile.

Appare centrale il rapporto con la propria madre, la quale ha agito in modo ambivalente, frustrando le richieste di dipendenza del bambino. L’attacco asmatico assumerebbe, dal punto di vista simbolico, il significato di una crisi di pianto repressa.

Altre spiegazioni tendono a sottolineare come la frustrazione del bisogno di dipendenza da parte della madre, tenderebbe a provocare aperti scoppi di aggressività, con relativi sensi di colpa e peggioramento della patologia somatica.

Altre caratteristiche della relazione madre/bambino sarebbero iperprotezione ed eccessiva preoccupazione ansiosa della madre. Fra gli eventi stressanti in grado di scatenare l’attacco asmatico sono da segnalare i vissuti di perdita e separazione.

Secondo queste teorie, la malattia è l’espressione di un conflitto psicologico e se noi potessimo aiutare le persone a risolverlo, cioè a cambiare il loro approccio al problema, queste persone ritroverebbero un equilibrio ad un livello evolutivo più alto e più funzionale. Questo significa che queste persone sarebbero non soltanto libere dai sintomi ma anche diverse nella consapevolezza, meno meccaniche e quindi più libere.

Secondo il punto di vista olistico, la malattia è, allo stesso tempo, un momento critico ed una risorsa, poiché attiva un processo di responsabilizzazione individuale e collettiva che aiuta l’integrazione della personalità e ristabilisce le condizioni per lo sviluppo della vita, intesa come cambiamento e trasformazione continua da uno stato all’altro. In questa ottica possiamo guardare alla malattia, ed anche alla morte, non più come ad un nemico ma come ad alleati preziosi che aiutano la coscienza a divenire.

Fattori che influenzano lo stato di salute:

  • atteggiamento mentale

numerosi studi sottolineano che i pazienti con atteggiamento mentale pessimistico soffrono di più il dolore fisico e psicologico legato alla loro condizione. Quelli che sono convinti che non ci sia niente da fare, che si pongono in modo rinunciatario nei confronti della loro condizione, in genere hanno una qualità della vita peggiore di quelli che invece collaborano e combattono per la salute. Aiutare i pazienti ad individuare il loro atteggiamento mentale nei confronti della propria condizioni potrebbe diventare centrale.

  • stress

alcune tecniche di rilassamento, la visione di filmati comici, la distrazione dal pensiero ossessivo della malattia sembrano aiutare molto.

  • isolamento sociale

interazione sociale come fattore protettivo del sistema immunitario.

  • sostanze presenti nell’ambiente e nell’alimentazione

Conclusioni

Qualche anno fa alcuni epidemiologi si sono recati a Roseto, una cittadina americana della Pennsylvania, per cercare di scoprire il motivo della bassissima incidenza di malattie cardiache. Convinti di trovarsi di fronte a persone regolate e prudenti nello stile alimentare e di vita, si sono  invece trovati a dover rilevare le stesse abitudini alimentari e di vita (fumo compreso) del resto della popolazione. L’unico dato di specificità era dato dall’elevato senso di solidarietà dei cittadini.

Tutto veniva condiviso, le gioie come i dolori, e questo contribuiva ad alleggerire di molto le tensioni emotive, costituendo un fattore di protezione prezioso per prevenire le patologie cardiache. Da allora le ricerche che sottolineano la positività del sostegno sociale, familiare e istituzionale si sono moltiplicate e tutte sono arrivate ad un’unica conclusione: quanto più la sensazione di isolamento diminuisce, tanto più le persone ne beneficiano in termini di aumentata capacità di risposta, di diminuzione del dolore fisico, di diminuzione della depressione.

Se assumiamo questo modello, possiamo parlare di cura come del fattore esperienziale che ristabilisce l’equilibrio fra elementi positivi ed elementi negativi dell’esistenza, riattiva capacità di scelta e libertà esistenziale, favorisce una maggior conoscenza del proprio mondo interno, aiuta a realizzare una maggiore integrazione tra i diversi livelli di coscienza.

Il senso della cura diventa, allora, quello di integrare la somministrazione del farmaco all’interno di un complesso protocollare che preveda l’individuazione del conflitto che ha scatenato la crisi: azioni di cura farmacologica e azioni di cura psicologica che tengano conto del momento esistenziale e spirituale che sono la base per sostenere l’esperienza della guarigione.

Dott. Lucio Buonomo/ Psicologo-Psicoterapeuta

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