Arte della seduzione amorosa e salute dell’uomo
Sedurre deriva dal termine latino seducere (sviare, condurre via). Nel corso dei secoli, il termine seduzione si è colorato di accezioni variamente negative, quasi tutte facenti riferimento all’arte antica e demoniaca dell’attrarre a sé per condurre a perdizione.
Inteso in modo negativo, il termine fa riferimento allo sviare con lusinghe o inganni allo scopo di avere con l’altro rapporti sessuali o altri vantaggi personali. In questo senso, la seduzione viene ad essere un processo caratterizzato da specifiche pratiche finalizzate all’asservimento degli individui o di intere comunità sociali.
Tuttavia, l’antropologo Alfonso Di Nola ci ricorda: La seduzione, riconsiderata nella sua lunga e complessa storia, come componente dell’umano vivere è già a livello zoologico l’insieme degli atti e dei comportamenti che condensano una libido efficiente, una vitalità femminile e maschile che non può piegarsi all’oscena condanna moralistica e all’ipocrisia dei dettati pseudomoralistici.
La capacità di sedurre, cioè, lungi dall’essere esecrabile e condannabile, esprimerebbe negli umani la gioiosità della pulsione di vita e sarebbe necessaria allo sviluppo del benessere dell’individuo e della specie.
Seguendo questa linea di ragionamento, possiamo definire la difficoltà di attivazione delle proprie risorse personali per sedurre, come un handicap foriero di sofferenze e difficoltà di adattamento.
Intendiamoci: è innegabile che alcuni tipi di seduzione possano essere definiti francamente patologici e dunque causa di sofferenza. Tuttavia, ciò che qui intendo sostenere è che senza la capacità di attivarsi per realizzare i propri desideri, la vita rischia di diventare una condanna.
Credo che ciò che faccia la differenza, in realtà, sia la persona. Alcuni hanno un bisogno irrefrenabile di sedurre per essere ammirati o per esprimere potere sugli altri, perché non possono fare a meno dell’attenzione ammirata e costante degli altri.
Altri seducono, ma solo fino a un certo punto: infatti, prima che l’obiettivo della seduzione sia raggiunto, si ritirano lasciando l’altro, per così dire, a bocca asciutta. In questo caso, spesso la gratificazione è fornita più dal gioco seduttivo che dal soddisfacimento del desiderio.
Non è da scartare, inoltre, l’ipotesi che un simile comportamento, oltre che da una oggettiva paura della relazione, sia anche motivato dal desiderio inconscio di vendetta. Va da sé che questi comportamenti centrati sull’inganno e sulla vendetta causano sofferenza sia a chi li subisce sia a chi li mette in atto.
Queste persone, generalmente, seducono producendo un turbamento degli stati ordinari di coscienza, utilizzando specifiche tecniche comportamentali e codici comunicativi esterni con l’obiettivo di stimolare nell’altro il desiderio di avvicinamento.
Possiamo essere sedotti da un particolare tono di voce, o da uno sguardo, da un profumo e finanche da un comportamento evitante. La timidezza, ad esempio, quando ben usata, pare essere un ottimo strumento di seduzione.
L’individuo sano non disdegna l’uso consapevole di strategie comportamentali. Tuttavia seduce per soddisfare il proprio desiderio di incontro e condivisione. E lo fa attivando la propria capacità di comprensione empatica.
Empatia, termine greco composto da en (in) e pathos (affetto), descrive una condizione psicologica di grande partecipazione emotiva con l’altro, che si verifica quando siamo in grado di percepire il mondo intimo dell’altro come se fosse il nostro.
Si tratta della capacità di restare all’ascolto e di convibrare in sintonia con l’altro, di prenderlo dentro di noi, ovvero di comprenderlo come se l’altro fosse effettivamente dentro di noi e il suo sentire diventa il nostro stesso sentire.
Nell’incontro genuinamente empatico e rispettoso dell’altro, l’obiettivo non è quello di farsi amare per sentirsi persone di valore, né quello di ingannare qualcuno per vendicarsi di presunti torti subiti: è al contrario quello di soddisfare il proprio bisogno in modo pieno e nutriente all’interno di una relazione umana autentica e tra eguali.
Ovviamente entrare in relazione con un altro essere umano comporta l’assunzione di qualche rischio e lo sviluppo di qualche qualità.
Quando non riusciamo a tollerare le ansie e le inevitabili paure che si attivano nell’incontro, la paura di essere rifiutati e di essere abbandonati, di diventare eccessivamente dipendenti e di poter essere sfruttati, l’amore dentro di noi, a livello immaginifico, cessa di essere manifestazione di piacere, di forza creativa e propulsiva capace di trasformarci, facendoci pervenire ad una nuova dimensione esistenziale, e comincia ad essere temuto come la morte.
Dott. Lucio Buonomo/ Psicologo-Psicoterapeuta